31 gennaio 2011

Creduloni, brutta malattia l'influenza!

“- Ah! ecco quelli delle novità, - disse il mercante, smontando, e lasciando il cavallo in mano d'un garzone. - E poi, e poi, continuò, entrando con la compagnia, - a quest'ora le saprete forse meglio di me.- Non sappiamo nulla, davvero, - disse più d'uno, mettendosi la mano al petto.- Possibile? - disse il mercante. - Dunque ne sentirete delle belle... o delle brutte.”

A quanti di voi è successo di dare ragione a qualcuno discutendo di un qualsiasi argomento perché non eravate abbastanza informati o perché avete pensato: “se lo dice lui/lei allora va bene”?
Immagino che a tutti sia capitato almeno una volta, succede oggi, succedeva un tempo.
Dopo gli spiacevoli episodi di Milano Renzo è ricercato dalla giustizia con l’accusa di aver condotto una delle rivolte in città, così decide di fuggire a Bergamo dal cugino Bortolo. Dopo un lungo cammino Renzo decide di fermarsi in un’ osteria a Gorgonzola, paesino vicino al confine con la terra di San Marco, dove ascolta una conversazione tra un mercante di Milano e dei contadinotti del posto.
Questi, affamati di news su Milano, attendevano con ansia l'arrivo di qualcuno per essere aggiornati.
Il mercante raccontò ciò che sapeva, e parlando di Renzo lo descriveva come un mascalzone, un delinquente, capo dei rivoltosi. Tutti loro credettero ingenuamente a ciò che raccontava, senza metterlo in dubbio.
Personalmente, dopo aver letto questo capitolo dei Promessi Sposi, ho colto un preciso significato.
Sappiamo bene che Manzoni ha scritto il romanzo per sottolineare la situazione storica dei suoi tempi. Voleva rivolgersi alla gente per trasmettere un messaggio politico e pedagogico: gli italiani non dovevano farsi sottomettere dagli spagnoli.
Secondo me questo episodio vuole appunto specificare quanto la popolazione si facesse facilmente influenzare dal mercante, che funge da personificazione del potere.
Nel passato questo genere di sottomissione era causato dall’ignoranza generale, infatti lo scopo di Manzoni era proprio quello di far aprire gli occhi a tutti.
Oggi, nonostante il livello culturale medio si sia notevolmente alzato, rimane comunque una certa influenzabilità.
Solitamente chi è più preparato nell’affrontare un argomento cede meno facilmente alle opinioni altrui, quindi chi ha maggiori conoscenze non cambia idea facilmente. Al contrario le persone meno informate si lasciano influenzare per motivi che non riguardano il contenuto del discorso.
La giusta soluzione per non lasciare che le persone ci influenzino negativamente è l’aver maturato un senso critico e l'aver imparato a riflettere con la propria testa avendo solidi principi e giudizi.
Tea Posenato 2Ds

28 gennaio 2011

Renzo, attento all alcool, non è un buon amico



“- Ah! - gridò Renzo: - ora è il poeta che ha parlato. Dunque intendete anche voi altri le mie ragioni. Rispondi dunque, oste: e Ferrer, che è il meglio di tutti, è mai venuto qui a fare un brindisi, e a spendere un becco d'un quattrino? E quel cane assassino di don...? Sto zitto, perché sono in cervello anche troppo. Ferrer e il padre Crrr... so io, son due galantuomini; ma ce n'è pochi de' galantuomini. I vecchi peggio de' giovani; e i giovani... peggio ancora de' vecchi…………Però, son contento che non si sia fatto sangue: oibò; barbarie, da lasciarle fare al boia. Pane; oh questo sí. Ne ho ricevuti degli urtoni; ma... ne ho anche dati”
Come abbiamo visto nel 14esimo capitolo dei promessi sposi Renzo completamente ubriaco , non vuole dare all'oste le proprie generalità per la registrazione degli ospiti della locanda. Il giovane, parlando ad alta voce, inizia a fare discorsi senza senso.
L'informatore della polizia, che si spaccia per uno spadaio, riesce a far dire a Renzo il proprio nome mentre Renzo sempre più ubriaco, continua ad arringare la folla e si addormenta ubriaco. Alcune persone, come è successo al nostro Renzo, anche con pochi bicchieri di alcool, avvertono dei malesseri notevoli. L’Irlanda è soprannominato "la patria della birra" dove il ritrovo nei pub e sempre accompagnato da “Guiness", ed è diventato un comportamento abituale.
L’alcolismo giovanile è forse da considerare un problema? Il sabato sera un adulto può trovarsi davanti i un gruppo di ragazzi; secondo voi cosa pensa? Sicuramente l’impressione che egli ne ricava non è delle più positive: infatti non è difficile che tra loro vi siano ragazzi o ragazze ubriachi.
Sono tanti i motivi che portano i ragazzi a bere : per alcuni il bere alcolici è una forma di stare in compagnia con i propri amici, perché si sentono “ sfigati” perché sono gli unici di quel gruppo che non bevono. Altri invece bevono perché li piace essere ubriachi altri lo vedono come arma per sconfiggere la noia di alcune serate o per apparire forte davanti ai coetanei. C’è anche una categoria di giovani che cerca una guida in personaggi dello spettacolo. Tra questi ci sono i musicisti che, e in molti casi definiscono l'alcol positivamente, come una via d'uscita, come dice il seguente testo degli Oasis: "Vale la pena cercarsi un lavoro quando non c'è niente per cui vorrei lavorare? È una situazione folle, ma tutto quello di cui ho bisogno sono sigarette ed alcool". Credo che le persone più soggette all'alcolismo sono quelli che cercano di cancellare le proprie preoccupazioni , persone deboli e insicure che non si ritengono in grado di affrontare anche le più banali difficoltà da sole. Come ha detto jim morrrison : “la vera felicità non è dentro a un bicchiere ma la trovi solo nel cuore di chi ti ama “
ASTOU SECK 2Ds

26 gennaio 2011

OSTERIE, BUON VINO E BUGIE!

 
“.... Molta gente era seduta, non però in ozio, su due panche, di qua e di là d'una tavola stretta e lunga, che teneva quasi tutta una parte della stanza: a intervalli, tovaglie e piatti; a intervalli, carte voltate e rivoltate, dadi buttati e raccolti; fiaschi e bicchieri per tutto.” cap XIV

Ai tempi di Renzo le osterie erano luoghi dove si poteva mangiare, bere una bottiglia di buon vino e trovare ristoro in un caldo letto. Ma non solo: nelle osterie le persone si incontravano anche per parlare e per informarsi sugli ultimi avvenimenti; si veniva a formare in questo modo una clientela fissa dove tutti sapevano tutto di tutti e anche di più ( un po' come dal parrucchiere di fiducia!). Archetipo del cliente tipo: il contadinotto un po' ignorante, amante del buon vino e della compagnia. A volte facevano parte del gruppo anche mercanti o uomini di una classe sociale più elevata rispettati e adulati dai popolani, perché fonte di soggezione e di informazione, come un prestigioso telegiornale vivente. Già dall'epoca dei Promessi il gossip era assai gradito e all'interno delle locande le notizie viaggiavano a velocità supersonica, fino a crescere, gonfiarsi, esplodere in “balle colossali”.
Ai nostri giorni la compagnia fissa dell'osteria è una realtà meno diffusa, perché la gente è solita cambiare locale a seconda dell'occasione o della comodità. Qualche eccezione, però, c'è; ad esempio nei piccoli paesi con poca scelta di bar, oppure nei casi in cui si trovano gruppi di vecchi amici soliti a ritrovarsi alla stessa ora, nello stesso posto, un po' per abitudine, un po' perché affezionati a quel rituale quotidiano. Proprio come nel film ” Gli amici del Bar Margherita", storia di una compagnia di signori che frequenta l'omonimo locale.
Come oggi anche un tempo si usava fare “due chiacchiere davanti ad un caffè”, anche se all’epoca un sostanzioso pasto caldo era preferito a questa bevanda, e le osterie diventavano luogo di nascita di miti e leggende.
Quando si viene a sapere di un fatto accaduto lo si racconta ad un amico che sicuramente lo spiffererà aggiungendo particolari per enfatizzare la vicenda….. ad un altro…. che lo rivelerà ad un altro …..mettendoci del suo, e così via. In questo modo il protagonista del fattaccio diventa soggetto di azioni mai svolte prima che, come Renzo, da montanaro manifestante nella folla diviene pericoloso criminale. O almeno così lo credono tutti!

“- Non si sa; sarà scappato, o sarà nascosto in Milano: son gente che non ha né casa né tetto, e trovan per tutto da alloggiare e da rintanarsi: però finché il diavolo può, e vuole aiutarli: ci dan poi dentro quando meno se lo pensano; perché, quando la pera è matura, convien che caschi. […] Renzo quel poco mangiare era andato in tanto veleno. Gli pareva mill'anni d'esser fuori e lontano da quell'osteria, da quel paese; e più di dieci volte aveva detto a sé stesso: andiamo, andiamo.”

Attenzione dunque: non sempre le parole pronunciate in osteria sono così innocue come sembrano!

Federica Bertagnin

21 gennaio 2011

Renzo in città: un pesce fuor d'acqua

 
“..e andò dietro a uno che, fatto un fascio d'asse spezzate e di schegge, se lo mise in ispalla, avviandosi, come gli altri […] La voglia d'osservar gli avvenimenti non poté fare che il montanaro, quando gli si scoprì davanti la gran mole, non si soffermasse a guardare in su, con la bocca aperta. Studiò poi il passo, per raggiunger colui che aveva preso come per guida..”


Chi non si sentirebbe spaesato a dover lasciare le abitudini lente e monotone del suo piccolo paese per ritrovarsi forzatamente catapultato nella caotica città? A Renzo è successo proprio questo. Abituato alla sua semplice vita a Pescarenico, sveglia alle quattro e mezzo di mattina, lavoro alla filanda, pranzo e cena (se ce n’era), si ritrova a dover lasciare la sua quotidianità per rifugiarsi a Milano nel convento del Frate Bonaventura sotto consiglio di Fra Cristoforo. 
Il nostro eroe parte a piedi dal suo paesino e si trova, una volta arrivato nella grande città, coinvolto nel bel mezzo della rivolta del pane, tumulto popolare scatenatosi a causa di un susseguirsi di cambiamenti sul prezzo di questo bene di prima necessità. Ma un contadino in città è come un pesce fuor d’acqua! Non ragiona con la propria testa, si lascia coinvolgere dagli avvenimenti emulando chi si trova di fronte. Renzo possiede poche informazioni sulla rivolta in corso, ma nonostante ciò cerca di farsi strada tra la folla e arriva ad essere uno degli uomini che trattengono i rivoltosi per permettere alla carrozza di Antonio Ferrer di passare. Renzo non è ben cosciente di quello che fa, ma si schiera dalla parte del popolo irruento trascinato nella mischia.  
Il trovarsi spaesato non è capitato solo a Renzo ne “I Promessi sposi”, ma è un tema che si ritrova in molte altre storie, favole o film. Ha origini molto antiche, per esempio, nella nota favola di Esopo, “Il topo di città e il topo di campagna”.
Scritta nel VI secolo a.C. racconta di due topolini che invidiosi l’uno della vita apparentemente agiata dell’altro, si scambiano i ruoli. Il topo di campagna si trova in città con cibo in abbondanza, ma costretto a mangiare di corsa a causa di un brutto cane che lo rincorre; l’altro topolino, invece, si trova in campagna, può mangiare in pace ma il cibo è scarso. Alla fine entrambi decidono di tornare alla loro vita. 
Da questa antica favola prende spunto il capolavoro cinematografico di Castellano e Pipolo  “Il ragazzo di campagna ”. In questo film Renato Pozzetto interpreta Artemio, un contadino che arrivato alla soglia dei quarant’anni decide di lasciare la monotonia del suo paese natio per trasferirsi a Milano, la grande città. Un po’ come un Renzo moderno parte e arriva a nella metropoli e si fa subito riconoscere grazie alla sua entrata…in trattore!
Come Tramaglino è spaesato e oserei dire un po’ tonto, si lascia coinvolgere nelle situazioni più particolari perché: “Beh, Milano è Milano!”. Non riesce a decidere cosa sia bene e cosa male poiché per lui, come per Renzo, tutto è giustificato dal trovarsi in città. Alla fine, però, rinuncia all’avventura e ritorna dalla mamma nel paese che il venerdì festeggia con alta attenzione il passaggio del treno!
Con il passare del tempo, però, la differenza tra campagna e città è piuttosto diminuita, poiché grazie ai veloci mezzi di comunicazione anche fuori dalle metropoli arrivano le notizie e la vita frenetica scandita dal susseguirsi impegni si ritrova anche nei paesi. Tutti gli esempi di ”contadino in città” portano però, alla fine, al ritorno in campagna. Forse perché ognuno si trova bene dove è abituato a stare, chi con le macchine veloci, chi con il chicchirichì del gallo come sveglia la mattina.

Sara Adami 2Ds

17 gennaio 2011

EPOCHE DIVERSE, MALCONTENTO COMUNE


                                                                     

Nel dodicesimo capitolo de “I promessi sposi” Manzoni delinea il periodo storico di una città, Milano, in rivolta. Gli animi in fermento portano l’11 novembre 1628 a una rivolta popolare, descritta dall’autore attraverso le reazioni istintive della folla, che vede il suo apice nell’assalto al forno e alla casa del vicario.
Ma quale fu la causa di tutto ciò? Immediata risposta si trova nella grave situazione di carestia che colpì per due anni Milano e nel malgoverno di politici spagnoli.  Fu questo il caso ad esempio di Ferrer che, abbassando il prezzo del pane, peggiorò irrimediabilmente la situazione di crisi. Cosi quando una commissione ebbe la  responsabilità di fissare un rincaro del prezzo del pane, il malcontento generale dilagò.
Situazioni fisse e periodiche di ogni epoca che, a seguito del malcontento del popolo, portano a repressioni più o meno violente.
Scene di tal genere si verificavano 400 anni fa e si verificano tutt’oggi. Cause: varie. Si passa dagli scontri a Genova nel 2001 in occasione della riunione dei governanti dei maggiori paesi industrializzati, alla più recente manifestazione studentesca del 14 dicembre 2010 che ha coinvolto studenti contrari alla riforma Gelmini
 Il più delle volte, in queste situazioni, un solo sasso scagliato alla cieca è presupposto di tumulti della folla contro le forze dell’ordine, centro di sfogo per la rabbia e la delusione. La mancanza di forze dell’ordine invece, porterebbe raramente il gruppo di manifestanti ad azioni di violenza che nel momento preciso agiscono liberamente, senza ragione. Infatti in una tale situazioni di malessere qualunque cosa che prima veniva vista sbagliata, se fatta da uno, porta la coscienza umana a ritornare sulla propria posizione e compiere lo stesso gesto.
“Sono un uomo come tanti. E faccio il poliziotto. Forse ho colpito gente che non lo meritava. Ma io mi sono voltato a guardare piazza del Popolo dopo averla liberata dai manifestanti. E già sapevo che qualcuno avrebbe detto... "ma la polizia perchè ha permesso tutto questo?" O anche "è successo perchè i poliziotti hanno provocato". E sentivo il numero dei poliziotti feriti che saliva. 57 feriti è statistica. 57 uomini sono 57 storie.[…] Le nostre ferite non le ostentiamo. Noi. Che non siamo diversi da "voi". Che non odiamo ma possiamo avere paura. Che non vorremmo dover colpire ma a volte dobbiamo farlo. Che mercoledì 22 saremo ancora in piazza. E sui mezzi che ci portano ore prima sui luoghi più caldi ci diremo che mancano tre giorni a Natale. E che... al ritorno... speriamo di essere tutti e di non dover pensare che c’è un collega a cui far visita in ospedale.” (Corriere della sera)
Questo è ciò che succede nella nostra realtà, ma se ci soffermassimo ad analizzare altre situazioni potremmo riconoscere che ciò che succedeva in Italia nel 1628 e ciò che succede oggi, a confronto, sembra una banalità. Un esempio? La Tunisia oggi.

Sergio Paiu

7 gennaio 2011

MONACA PER SCELTA O MONACA PER IMPOSIZIONE


 

"… Il buon prete cominciò ad interrogarla nella forma prescritta dalle regole:” sente lei in cuor suo una libera risoluzione di farsi monaca?Non sono state adoperate minacce o lusinghe?... la vera risposta s’affacciò alla mente di Gertrude con un’evidenza terribile …"
Alla domanda:” Ti piacerebbe farti monaca??” quante di noi risponderebbero con un semplice ma diretto: -”No Grazie!”. Eppure una volta questa possibilità di scelta non esisteva nemmeno. Ai tempi di Renzo e Lucia la professione futura era una di quelle cose scelte dai genitori per ilnfiglio ancora prima che nascesse, addirittura prima di decidere il nome. Per le fanciulle non c’erano molte opzioni, o diventavi una casalinga destinata a rinchiudersi in casa e partorire figli per il resto della vita, oppure entravi a fare parte del mondo ecclesiastico. I ragazzi invece dovevano seguire le orme dei loro padri. Ed ecco che i figli venivano cresciuti fin da piccoli con l’idea di quello che sarebbero poi diventati e tutto ciò che veniva detto loro era in funzione della strada che dovevano intraprendere. Così è toccato anche alla povera Gertrude una principessina un po’ fuori dal normale. La sorte volle farla monaca ma la sua volontà era assai diversa.
“…Tutte le parole di questo genere stampavano nel cervello della fanciullina l’idea che lei doveva esser monaca; ma quelle che venivan dalla bocca del padre, facevan più effetto di tutte l’altre insieme…”
 Nei promessi Sposi ci troviamo quindi di fronte a un personaggio differente dal solito, con una storia molto particolare. Una persona combattuta su quello che sarebbe dovuto essere il suo futuro, ma che in realtà non aveva scelta,nil suo percorso era ormai segnato, le porte del convento spalancate davanti a sé e le suore pronte ad accoglierla in qualsiasi momento. E così era per tante, non solo per lei. Ecco quindi che la maggioranza delle suore che si trovavano all’interno del convento non erano li per vocazione ma perché costrette, al contrario di oggi dove una ragazza si fa suora oppure un ragazzo prete solamente se lo desidera e lo sente veramente. E’ vero che oggi i preti e le suore sono sempre meno, però allo stesso tempo ognuno ha la possibilità di costruire il proprio futuro decidendo da solo la strada da intraprendere. Se la povera Gertrude si fosse trovata a vivere in un’epoca come la nostra sicuramente non avrebbe scelto di fare la monaca e con lei chissà quante altre ragazze. Alla fine però nel romanzo sarà Gertrude ad ospitare nel suo convento Lucia  fuggita da Pescarenico. Gertrude è quindi una figura fondamentale dei Promessi Sposi, l’immagine di una donna che soffre perché costretta a percorrere una strada che non è la sua.
Quindi ragazzi dobbiamo sentirci fortunati ad essere nati in un’epoca come questa dove ognuno è libero di intraprendere la carriera che desidera, senza essere costretto a fare quello che gli viene imposto dagli altri,  ma soprattutto senza potersi ribellare. 

Valentina Gentilin 2Ds